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sabato 30 gennaio 2010

biscotti spaccadenti

E' venuto Armando ad aiutarmi a potare il limone. Ogni ramo che tagliava era un colpo al cuore, perchè mi dispiace sempre vedere sfoltire gli alberi da frutta. Ma po a lavoro finito (per lui) l'albero aveva acquistato un altro aspetto, bello, pieno di luce anche all'interno per permettere a tutta la pianta di vegetare bene. Poi è rimasto basso, come volevo, perchè io e Nando siamo piccoletti quindi è meglio per la raccolta. E' quindi iniziato il mio lavoro, di eliminazione di tutta la vegetazione tagliata. E di conseguenza la raccolta dei limoni presenti. Tantissimi, e tutti biologici, in quanto il nutrimento che adopero è lupini, e un miscuglio di lupini e pannello di neem. Per combattere gli afidi abbiamo scoperto Mara ed io una miscela con propoli, buonissima e non dannosa per l'ambiente e gli insetti impollinatori.
Comunque, dopo aver distribuito un pò di limoni, ho cercato di adoperarne qualcuno per fare un dolce. Avevo fatto qualche giorno fa la gelatina di limone, ma mi sembra sempre troppo agra, anche se buonissima. Sono andata su un libro delle piante utili, dove ci sono anche ricette, sia di cucina che per fare infusi e tisane. E qui ho trovato i biscotti al limone.
Gli ingredienti sono:
400 gr di farina, 1 limone e la scorza dello stesso grattata, 3 cucchiai di malto d'orzo, 1 cucchiaio di miele, vaniglia, succo di mela , 2 cucchiai di olio di girasole, un pizzico di sale.
Si mescola la farina con un pizzico di sale, poi si unisce il malto con il succo di mela unitamente al succo e la scorza del limone, il miele sciolto, l'olio e la vaniglia. Si lavora l'impasto fino a renderlo elastico, poi si fa riposare in un luogo uio e fresco. Dopo un'oretta si spiana e gli si da la forma che si desidera per i biscotti. Al forno per 10 minuti a 180°.
Sono buonissimi, ma un poco duri, quasi da spaccare i denti. Forse per ammorbidirli bisognerebbe aggiungere alla ricetta il latte, e non il succo di mele.

martedì 26 gennaio 2010

Consigli verdi

Coltivare in casa verdure e piante aromatiche non solo può essere un’attività rilassante e soddisfacente, ma anche sana. Le piante nate in casa, infatti, normalmente non vengono trattate con pesticidi o integratori che favoriscono la crescita innaturalmente (facendo perdere i principi nutritivi, oltre che il sapore).

Molti, però, credono che fare giardinaggio sia complicato e che richieda molti attrezzi speciali. Non è così e ora ve ne diamo alcune dimostrazioni.

Per cominciare, ci si deve procurare almeno un vaso. I vasi possono essere acquistati nei vivai, o nei supermercati attrezzati, ma possono anche essere recuperati da materiali casalinghi di scarto. Qualsiasi contenitore può essere trasformato.

Quando cuciniamo delle uova, per esempio, se non gettiamo i gusci nella compostiera, possiamo usarli come vasetti per le piante aromatiche. Il basilico e il prezzemolo possono crescere nella nostra cucina a impatto zero…

… una lattina, riempita di terra, può ospitare pianticelle in crescita…

… così come un giornale arrotolato…

… una lampadina può essere trasformata in un vaso da tavolo ….

… o un vaso appeso …

Può sembrare un luogo comune, ma davvero non c’è limite alla fantasia. Un contenitore qualsiasi (dal barattolo dello yogurt al tetrapak del latte) possono ospitare un pugno di terra e una piantina. Quindi, perché non provare?

Articolo tratto da ecogreentips.org, sito che è comunque presente nel blog

sabato 23 gennaio 2010

Bellissima giornata, e quando uno dei miei vicini mi ha portato la cenere di legna per concimare le piante, e mi ha detto che andava a fare cicoria; non ci ho pensato due volte, ho lasciato quasi il pranzo a metà, e via giaccone, coltello e buste.
Non siamo andati molto lontano, perché qui si può dire che siamo già in campagna. Parcheggiata la macchina, abbiamo incominciato a camminare per un viottolo, appena segnato con la ghiaia, tutto circondato da campi, Sul margine del viottolo tantissima cicoria, e bieda selvatica, Io ne ho fatto un bustone pieno, ma loro che sono più esperti, si erano portati sia una scatola di cartone che un bustone, ed in un batter d'occhio erano pieni. Poi abbiamo cominciato a camminare, e, improvvisamente, Isidoro ha escalato "La sinapa! Quanta!" Io non conoscevo quella pianta, ma loro mi hanno detto che si trattava di una pianta il cui sapore si avvicinava a qeullo dei broccoletti, e così abbiamo raccolto un pò di cimette. Quando sono tornata a casa, la curiosità era tanta, così sono andata subito a cercare questa pianta, indicando anche che il nome era stato detto in siciliano. Subito scoperta, nel linguaggio di facebook taggata! Si tratta di una brassicacea, e più precisamente della senape. Quella che abbiamo raccolto è la senape nera, i cui semi, come quelli della senape bianca, dopo la fioritura, servono per fare le diverse qualità di senape. Buonissima da mangiare quando non è ancora in fiore, forse sarà un pò piccante. La cucinerò perché sono veramente curiosa di assaporare questa nuova pianta. Il bello, poi, è venuto quando sono andata a chiamare Isidoro e la moglie, per dire loro che avevo trovato su internet il tutto e li ho fatti venire a casa. Loro non sono molto esperti di computer, per cui sono venuti subito, e sul sito che avevo trovato, hanno riscoperto il paese dove sono nati. E' infatti un sito fatto proprio da provenienti da Sciortini, il loro paese di origine, e loro si sono emozionati a leggere i niminnaghi (cioè i nomignoli) che nel paese si danno alle cose e alle persone. Certo che ogni giorno si impara qualcosa.

mercoledì 20 gennaio 2010

mangiare sano

Questo è uno stralcio dell' articolo pubblicato su "Fondamentale" la rivista dell'associazione AIRC.

Gli italiani vivono in un Paese che offre, per clima e tradizione, la migliore dieta del mondo non solo dal punto di vista gastronomico ma soprattutto per la salute. Eppure, anche se – secondo dai recenti dell’Osservatorio permanente sui consumi dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano – quattro italiani su sei ritengono la corretta alimentazione uno dei pilastri della vita sana, sono pochissimi quelli che davvero si impegnano ad abbandonare le cattive abitudini. E non sempre è un problema di informazioni, perché i principi di base (molta frutta e verdura, poca carne da sostituire con pesce e cereali, poco sale, pochi zuccheri raffinati e attenzione alla qualità e quantità dei grassi che si consumano) sono ormai noti ai più. La difficoltà sta tutta nell’applicazione: un problema che si traduce in alti tassi di obesità, malattie cardiovascolari e cancro, tutte patologie strettamente legate alle scelte alimentari. La scarsa attenzione dei cittadini alla quantità e qualità della propria alimentazione non ha però un impatto negativo solo sulla salute dei singoli: assenteismo e più alti costi per i servizi sanitari aumentano il carico economico che grava sui governi. Tuttavia, gli sforzi per promuovere un’alimentazione più sana non hanno dato finora i risultati sperati e ora qualcuno cerca di capire perché.



Uno degli errori più comuni consiste nel mangiare troppo in fretta. Per cambiare abitudini, se proprio non si riesce a masticare con calma e a stare a tavola almeno 20-25 minuti, è utile alzarsi quando ancora si ha un po’ di fame, perché la sensazione di sazietà impiega alcuni minuti a raggiungere il cervello. Altri trucchi consistono nell’appoggiare sempre le posate nel piatto tra un boccone e l’altro e nel fare bocconi piccoli (mai più grandi della falange del pollice). Se la dieta è troppo povera di frutta e verdura, di cui si dovrebbero mangiare almeno cinque porzioni al giorno, possono essere molto utili i frullati (oggi si trovano anche
freschi in bottiglia al supermercato, e ciascuno vale come due porzioni), e i centrifugati: spesso mangia poca verdura chi non ama masticare.
Per aumentare il consumo di verdura sono consigliati i piatti unici e soprattutto zuppe, minestroni e passati, in particolare a cena.
Il primo esempio viene dalla famiglia: ogni bambino copia l’alimentazione di genitori e nonni che, erroneamente, tendono spesso a dare la colpa alla scuola. Chi ha figli e nipoti ha quindi un incentivo in più per adottare – gradualmente, ma con determinazione – comportamenti virtuosi.

Dopo questa prima fase conoscitiva, si passa alla definizione delle priorità, che non dipende dalla valutazione scientifica sull’utilità di ciascuna modifica del comportamento,bensì dalla valutazione soggettiva, individuale, della maggiore o minore fattibilità. “È inutile dire che dal punto di vista scientifico la cosa più importante sarebbe, per esempio, introdurre immediatamente grandi quantitativi di verdura nella dieta se poi la persona proprio non riesce a mandarla giù. Più utile, invece, stabilire strategie intermedie – come l’incremento della frutta, l’uso di cereali integrali eccetera – che sembrino al soggetto più facili da realizzare e che vadano nella direzione auspicata” spiega ancora. È importante che a cadenze regolari si verifichi in che misura i risultati prefissati siano stati raggiunti, per puntare a un nuovo obiettivo o eventualmente apportare delle modifiche alla lista delle priorità, senza rigidità.“Nella mia esperienza i migliori risultati si ottengono con la gradualità e con l’elasticità” conclude la nutrizionista. Anche perché i metodi punitivi non funzionano, e questo è scientificamente provato. Negli Stati Uniti, per esempio, la decisione di aggiungere in pagella
un voto sull’indice di massa corporea non ha scatenato solo polemiche tra genitori ed esperti ma ha ottenuto anche l’effetto opposto: ha aumentato i disturbi dell’alimentazione nei bambini lodati o biasimati per il loro aspetto fisico.

L'atteggiamento più giusto per cambiare

. Accettare il fatto che per cambiare sono necessari un certo livello di motivazione e la disponibilità a fare fatica per ottenere il risultato.
• Comprendere che uno stile di vita scorretto in quanto comportamento appreso può essere disappreso.
• Avere pazienza: le cattive abitudini non si apprendono in un giorno e quindi anche perderle richiederà tempo.
• Procedere per piccoli obiettivi: realizzarli sarà più facile e la soddisfazione aiuterà a mantenere alta la motivazione per andare avanti.
• Tenere un diario del proprio modo di mangiare: cosa si mangia, quando si eccede, cosa lo provoca e cosa lo evita, a quali sentimenti e stati d’animo si associa?
• Chiedersi quali vantaggi ‘secondari’ offre l’attuale modo di mangiare: risolve tensioni, noia, ansia, nervosismo, difficoltà relazionali o pratiche?
• Essere il più obiettivi e lungimiranti possibile nel valutare i rischi per la salute che si stanno correndo.

martedì 19 gennaio 2010

Bocche con espressione amara

Lo scorso Giovedì sono andata a Roma per mia nipote, la più piccola, e quando sono salita sull'autobus ho osservato le persone che lo stavano frequentando in quel momento. Erano per la maggior parte donne, e quasi tutte di un' età avanzata. Tutte erano assorte nei loro pensieri, ed avevano una smorfia di tristezza sulle labbra.Nessuna sorrideva o per lo meno aveva una faccia serena. Guardandole, facevano pensare che avessero passato dei momenti difficili nella loro vita, e i segni erano ancora evidenti sui loro volti. I ragazzi, invece, che sono poi sopraggiunti a una delle fermate successive, erano tutti chiassosi e sorridenti, quansi canzonatori verso l'universo.
Comunque la vita nella città è veramente triste, ognuno è solo e chiuso nel suo guscio, senza comunicare con i vicini, e chiuso al mondo esterno una volta chiusa la porta di casa.Qesta considerazione l'abbiamo fatta quando siamo venuti ad abitare qui a Cerveteri io e Nando, allorchè abbiamo incominciato a vivere quasi in comunità, dove tutti i momenti sono buoni per stare insieme, si dividono le gioie e i dispiaceri come in una grande famiglia. Forse è il modo di vivere dei piccoli centri.
E noi, che avevamo vissuto per 30 anni in un palazzo a Roma, aiutandoci con i vicini in caso di necessità, ma mai abbiamo preso un caffè insieme!
Per questa vita isolata, forse, quelle donne avevano un'espressione triste.

sabato 16 gennaio 2010

amici

Tutti riuniti a casa mia, per un bel pranzetto.C'erano i miei carissimi vicini, da cui siamo stati adottati come nonni, e noi li abbiamo adottati come figli, e i piccoli come nipoti. Mi era stata richiesta da tutti la cottage pie, e allora ho aggiunto fettuccine fatte in casa, risotto con zucca e crema di carciofi, per i bambini scaloppine e patate al forno e per noi come contorno puntarelle, e poi avevo preparato un dolce alla frutta con pasta frolla dietetica. Claudio e Claudia hanno portato l'insalata e un dolce gelato, mentre Alessandra e Federico la panzanella e le sedie. Luca e Roberta i vini e non vi dico che sinfonia gradevole di rossi, e le posate mancanti. Un successo di pranzo, e poi abbiamo giocato a carte; era richiesta una rivincita a burraco da me e Alessandra contro Luca e Federico. Li abbiamo stracciati una partita tirata fino alla fine e vinta da noi per soli 5 punti!!
I bambini nell'altra stanza a giocare.
Ecco la ricetta della cottage pie (quella che ho fatto oggi era per una decina di persone):
1 Kg di macinato di carne di vitellone
1 Kg di patate.
Si fa un soffritto di cipolla, sedano e carota, poi si aggiunge la carne macinata e si fa rosolare, si bagna con il vino rosso e, quando è evaporato di aggiunge un poco di pomodoro, ma non troppo, sale e pepe q.b. Si fa cuocere bene ed in ultimo si aggiungono 2 cucchiai di worcherstershire sause.
A parte si lessano le patate, poi si schiacciano, si aggiunge il sale,il pepe, il burro abbondante e pochissimo latte (a chi piace anche la noce moscata).
Quando è tutto pronto, si prende una teglia, si mette sulla base la carne macinata, la si ricopre con le patate e si mette al forno a dorare un poco (temperatura a 180° gradi9. Buonissima!

giovedì 14 gennaio 2010

lavori invernali nell'orto

Questa mattina ho raccolto i broccoli siciliani e sono veramente buoni.
Gli scorsi anni erano venuti molto piccoli, comunque sempre buoni. Quest'anno sono veramente eccezionali, grandi e tutti sani. Sarà forse dovuto alla concimazione naturale e abbondante (stallatico di cavallo e compost) o al clima di questo anno, chi lo sa.
Poi sempre questa mattina mi sono cimentata per la prima volta nella potatura della mia unica pianta di uva fragola (il mio vigneto). Certo poverina è giovanissima, solo un anno, e ancora non ha fruttificato. Ho seguito le istruzioni prese da internet nei vari siti, tutti provvisti anche di video, e vediamo se sono stata brava. Infatti, se la potaura è fatta bene, quest'anno dovrebbe fare i primi grappoli. Le marze non le ho buttate, e vedrò di fare altre piante. Infatti lo scorso anno una contadina me ne ha regalate alcune, ed ho provato a farle diventare piante. Ho però commesso un errore. Infatti le ho messe subito tutte insieme in un vaso grande, poi quando ho visto che avevano attecchito, le ho trasferite separaamente in diversi vasi. Ma era ancora troppo presto e sono tutte morte, meno una che tuttora e una piccolissima pianta, messa a terra solo lo scorso novembre.
La prossima settimana, se il tempo lo permette, comincerò a potare i meli (2) e l'albicocco.Qui si parrà la mia nobilitade.

martedì 12 gennaio 2010

L'ultima foglia del melo

Era l’ultima foglia del melo rimasta lì in cima. No, non voleva proprio lasciare il suo ramo.
Il melo allora le parlò dolcemente, cercando di convincerla che ormai non era più il suo tempo.
“Dai, piccola, lasciati andare nel vento! Vedrai che non sarà né doloroso né faticoso”
“Ma io ho tanta paura di lasciarti, sto bene con te, e poi vedi sono ancora tutta verde! Devo perlomeno diventare un po’ gialla come le mie sorelline, che sono volate via”.
“Certo devi diventare gialla, ma vedi ora non è più il tempo per te di restare, dei farti portare via dal vento, e poi trasformarti.”
“Trasformarmi? E in che cosa” ribatté la foglia.
“Quando sarai portata via nel vento, andrai a posarti sulla terra insieme alle tue sorelline, e qui, piano piano, ritornerai ad essere terra, che servirà a nutrire noi piante”.
“Perché nutrire?” chiese la foglia.
“Certo, nutrire, perché trasformandoti in terra, sarai ricca di una sostanza preziosa per la nostra vitalità, e cioè l’azoto. Come vedi sei sempre importante, non devi avere paura.”
“Va bene, cercherò di diventare gialla, e poi mi farò trasportare via dal vento, non avrò paura, te lo prometto”
E così, giorno dopo giorno, anche l’ultima fogliolina fu rapita dal vento e poi cadde un poco più lontano dal melo, vicinissima a tutte le altre foglie già cadute. Ce ne erano tante e così lei non si trovò sola. Alcune erano già completamente trasformate, cioè era rimasta solo visibile la nervatura, altre erano diventate sottilissime, come una pellicina di cipolla, e quasi trasparenti, altre invece, le ultime cadute, erano ancora intatte. Bellissime, con i colori dell’autunno, cioè gialle e rossicce. E’ come se fossero andate in salone di bellezza, ad imbellettarsi per una festa. Foglie di melo, di albicocco, di vite, di fico e di cachi. Era un bel tappeto colorato. Improvvisamente da sotto il tappeto sbucarono due occhi luminosi. Ma chi sarà mai, pensò la nostra fogliolina.
“Cra, cra, ben arrivata!” la salutò un rospetto.
“E tu che ci fai qui?” domandò la foglia.
“Mi proteggo dal freddo, e poi sai, sotto di voi si crea proprio una situazione adatta a me, e cioè umida e calda, come se fosse un bel cappottino per l’inverno che è alle porte. Quando diventerete terra, mi coprirete completamente, così aspetterò al calduccio la prossima primavera. Allora, uscirò e cercherò una compagna”
“Sono proprio contenta, perché sono in compagnia e poi sono veramente utile” disse la fogliolina.
Guardò su con nostalgia la pianta madre. Era enorme, la sovrastava e le copriva il sole. No, non doveva avere paura. Il sole era pallido e non molto caldo, non come il bel sole dell’estate che la illuminava tutta e la riscaldava, anche troppo. E poi nel cielo il sole restava poche ore, e parecchi giorni era pure coperto dalle nuvole. Queste erano sempre più nere, e ricche di acqua, e spesso pioveva abbondantemente .
“Va bene” pensò “ è giusto così. Mi trasformerò presto e ritornerò alla mia pianta madre così la potrò riabbracciare, e mi ritroverò con le mie sorelline.”
E così, giorno dopo giorno, la nostra piccola fogliolina prima divenne sottile sottile, poi rimasero solo le nervature, e tutta l’altra parte era diventata terra profumata e bruna, insieme alle altre foglioline.
Quando arrivò il tepore della primavera venne il contadino, vide tutta questa bella terra e la smosse un poco, sistemandola bene vicino al tronco del melo, stando però attento a non disturbare il ranocchio per non fargli male. Il ranocchio serviva per cacciare gli insetti fastidiosi, come le zanzare, e quegli altri piccoli insetti che possono danneggiare le piante.
Intanto sul melo stavano nascendo le prime nuove foglioline, e l’albero si era abbellito con mille fiori.
Alle nuove foglioline, l’albero disse:
“Vedete, piccole, tutta quella terra profumata che ora mi è stata messa dal contadino vicino al tronco, è sempre parte di me, ma serve ora sia a me che a voi, è preziosa perché contiene buone sostanze provenienti dalle vostro sorelline dello scorso anno. Ora è il vostro tempo!”